Cresce sempre più l’appeal della cedolare secca ed oramai i proprietari di immobili che optano per la cosiddetta “tassa piatta” sono circa 1 milione, il doppio rispetto al 2011, anno in cui è stata introdotta. I vantaggi fiscali derivanti dalla scelta per la cedolare secca sono ancora più evidenti dopo che sono state riviste le aliquote e dopo che le deduzioni irpef forfettarie sono state rimodulate. La cedolare prevede una tassazione del 21 % sul canone di locazione qualora questo sia stipulato a prezzi di mercato, mentre l’aliquota scende al 10 % qualora via sia un contratto a canone concordato (per il periodo che va dal 2015 al 2017, dopo salirà al 15 %). Le differenze con la tassazione ordinaria dei contratti di locazione sono evidenti visto che oltre alla tassazione irpef, addizionale regionale e comunale (con aliquote medie totali che partono dal 24,4 %) occorre anche considerare l’imposta di registro e l’imposta di bollo.
In ogni caso per optare per la tassa piatta occorre che la locazione riguardi un immobili abitativo e che il locatore sia una persona fisica. Attualmente il volume dei canoni di locazione sottoposti alla tassa piatta è passato in tre anni da 4,2 miliardi di euro a 7,4 miliardi, ed anche i contribuenti che hanno optato per tale regime nel 2011 erano circa mezzo milione mentre attualmente sono più di un milione. Di questa platea di contribuenti è comunque difficile stabilire quanti riguardino emersione di “nero” e quanti siano opzioni per la cedolare secca in virtù di vantaggi di tipo fiscale.
I vantaggi della cedolare sono ancora maggiori se si considera che con l’arrivo dell’imu e con l’aggiunta della Tasi il carico fiscale sul mattone è aumentato di circa 1,4 miliardi di euro a cui occorre aggiungere anche i 500 milioni di euro che derivano dal taglio delle deduzioni irpef forfettarie (si è infatti passato dal 15 % al 5%).
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